venerdì 31 gennaio 2014

Una Lettera per Momo


Come potrete dedurre, sono un "discreto" appassionato dei manga di Masamune Shirow, l'approccio alle sue opere però è stato ovviamente una conseguenza della visione del rinomato film d'animazione "Ghost in the Shell" di Mamoru Oshii. La voglia di approfondire questo regista di indubbia bravura mi ha portato a conoscerne un altro, estremamente bravo: Hiroyuki Okiura.
Animatore chiave e supervisore delle animazioni per molte opere importanti quali: Akira, Patlabor: The Movie, Record of Lodoss War, Paprika, o il più recente Evangelion 3.0: You can (not) Redo debutta come regista nel 1999 con Jin-Roh: Uomini e Lupi e, nel 2011, dopo sette anni di lavorazioni ritorna con un'opera originale, un dramma a stampo familiare: Una Lettera per Momo.
Momo Miyaura è una ragazzina di undici anni, trasferitasi con la madre Ikuko sull'isola di Shio in seguito alla morte del padre in un incidente navale, è timida e in un primo momento non riesce ad ambientarsi nella nuova casa ma tutto cambia quando inizia a sentire delle voci provenire dalla soffitta. Quando Iwa, Kawa e Mame si rivelano a lei la paura prende il sopravvento e scappare sembra l'unica soluzione ma presto realizzerà che i tre demoni non sono poi così temibili.
Sebbene l'incipit della storia sia poco pretenzioso, Okiura riesce a introdurre con semplicità il tema del lutto familiare, in modo molto intimo la piccola Momo dovrà infatti affrontare la mancanza del padre, trovandosi a dover fare da "badante" a questi demoni scalmanati, le peripezie passano però presto a temi più seri e malinconici, come il rimorso e il senso di colpa fino a giungere al climax che ricorda un po' lo svolgimento di "Summer Wars" del talentuoso Mamoru Hosoda.
Ciò che però colpisce di più sono sicuramente le eccellenti animazioni, frutto di anni di lavoro, che puntano la loro unicità sul realismo e la fluidità dei movimenti, senza l'utilizzo di tecniche come il rotoscopio (reso ultimamente celebre dalla serie animata "Aku no Hana") o il motion capture. Esse si distinguono proprio per la cura maniacale dei più piccoli gesti che, senza venir esaltati all'inverosimile (come nella maggior parte delle animazioni recenti) donano allo spettatore la sensazione di far parte del lungometraggio. Altra menzione va all'ambientazione, ci troviamo infatti su un'isola inesistente nel nostro mondo ma che, come consuetudine, contiene parecchi elementi di ambienti reali che in questo caso si riferiscono in particolare all'isola Osaki Shimojima e altre località nella prefettura di Hiroshima, luogo molto caro al regista. L'attenta ricerca del realismo va però a scontrarsi con l'elemento puramente fantastico rappresentato dai tre Guardiani, creati basandosi sugli Yokai, creature tradizionali del Giappone che risalgono al periodo Edo. Questi personaggi che servono principalmente a spezzare la malinconia della narrazione, celano però un segreto importante che si rivelerà fondamentale per la crescita di Momo stessa; ognuno di essi ha una personalità propria sebbene leggermente stereotipata.


In conclusione "Momo e no Tegami" è un lavoro eccellente che affronta tematiche sempre attuali, un'opera dolce che sa far emozionare con discrezione e tatto grazie anche ad un ottimo comparto musicale ad opera di Mina Kubota (Aria, GeGeGe no Nyobo) e Yuko Hara.


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