sabato 5 ottobre 2013

Ergo Proxy, qual è il confine tra comprensione ed interpretazione?


 Come per molte opere d'arte/intrattenimento, esistono anime che possiedono molteplici livelli interpretativi e paradossalmente alcuni, risultano più facili da comprendere ad un livello di interpretazione più elevato. Alcuni esempi possono essere serie animate come Neon Genesis Evangelion o film d'animazione come Tenshi no Tamago in cui le informazioni che vengono date in modo diretto - ovvero tramite dialoghi o scene di facile intuizione - sono rese molto criptiche e il materiale viene lesinato a dovere tanto da ostacolare volutamente lo scorrere della trama vera e propria facendo però emergere il livello di interpretazione più astratto e concettuale.
Ed è anche il metodo scelto dal regista Shukō Murase quando diresse Ergo Proxy, andato in onda nel lontano 2006 sulla rete internazionale WOWOW e in Italia, dopo essere stata acquistata da Panini Video che ne rilasciò i DVD (ormai irreperibili), trasmessa su Rai 4 ben 5 anni più tardi.
L'opera è ambientata in un futuro imprecisato, non si sa bene come ma in seguito alla ricerca da parte degli esseri umani di nuove fonti di energia, gli strati di metano presenti nell'atmosfera terrestre sono ceduti, coprendo il pianeta con una nube tossica letale. I pochi sopravvissuti si rifugiarono quindi in delle città cupola sigillate chiamate Dome in cui, grazie all'aiuto di una serie di androidi (Autoreiv) tutta la loro vita viene organizzata e meccanizzata (perfino il concepimento avviene tramite uteri artificiali) allo scopo di preservare la stirpe fino a quando il pericolo non si sarà dissolto. Durante la serie vivremo l'avventura alternativamente attraverso gli occhi dei tre protagonisti: l'immigrato Vincent Law; la nipote del reggente nonché ispettrice Re-L Mayer e la piccola autoreiv da compagnia Pino; con un particolar riguardo verso il primo. Il Dome in cui vivono sarà messo in subbuglio da una lenta rivoluzione degli Autoreiv che contrarranno il "Cogito" un virus che li farà prendere coscienza di loro stessi e contemporaneamente da una strana creatura, denominata "Proxy", che si libererà dal laboratorio in cui era tenuta.  Il termine "vivere" non l'ho messo a caso perchè per l'appunto ogni episodio sarà strutturato su una focalizzazione 0 di uno dei personaggi citati, in modo che lo spettatore ne conosca gli aspetti più reconditi della sua psiche, con una notevole mole di dialoghi, a volte ridondanti, a supportare il tutto. Il tema centrale affrontato dall'impavido Shukō Murase si potrebbe riassumere nel solipsismo, ovvero la filosofia per il quale ogni cosa che percepiamo è prodotta dalla nostra coscienza, tutto il creato è quindi in bilico tra l'esistere e il non esistere e nulla è certo a parte il nostro Io, "penso quindi sono" è il concetto (ripreso anche in altre opere dallo stampo Cyberpunk/Post-Cyberpunk quali Ghost in the Shell o la trilogia di Matrix) ma cosa succede quando pure il nostro Io è incerto? Se non sappiamo chi siamo, come possiamo determinare ciò che ci circonda? Seguendo questo ragionamento ci si ritrova quindi in episodi come "Ophelia" (che tra l'altro, è una citazione), per poi passare a situazioni al limite dello sperimentale come in "Who wants to be on Jeopardy" in cui i personaggi si ritroveranno in uno strano quiz televisivo in cui ci si gioca la vita. 
Se i primi episodi risultano essere realistici e puntati sullo stile del "thriller poliziesco" si rimane di certo sorpresi a vedere un così repentino cambio di rotta ma ciò non deve preoccuparci perchè alla fine, con un po' di attenzione, ogni tassello troverà il proprio posto. In aggiunta, molti episodi introspettivi sono introdotti in una maniera particolare, ci troveremo a chiederci se ci siamo persi qualcosa, perchè rispetto al loro precedente non sembreranno per niente collegati, complice una regia strutturata in maniera tale da far rimanere lo spettatore perennemente con il dubbio che ciò che sta guardando sia un sogno o meno. Un dubbio differente da quello che si trova nei film di Kon (dato che si parla di sogni è un dovere citarlo) dato dal contrasto tra le situazioni diametricalmente opposte piuttosto che una armonia tra immaginazione e percezione (come accade in Millennium Actress per esempio).  Accompagnato da una colonna sonora che predilige i suoni elettronici e disturbati, da dei fondali desertici e cupi o di città estremamente tecnologiche e fredde, e da un chara design realistico Ergo Proxy è sicuramente un prodotto che sa quello che sta offrendo, e a livello tecnico non si smentisce, con un comparto di animazioni che da il suo massimo nelle espressioni facciali e non sfigura affatto neanche nelle scene più concitate. In conclusione non si può certo affermare che quest'opera abbia un target ampio, molti si arrenderanno dopo pochi episodi oppure prenderanno atto di non averci capito niente, bisogna però ricordarsi che capire i risvolti narrativi di una storia, non sempre è importante quanto interpretarne il messaggio.



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